Il testo riprodotto in questa pagina è un estratto dell'articolo pubblicato nel numero 112 della Rivista di Studi Tradizionali.
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Dovremmo, quindi, aspettarci nell'arte una realizzazione della prescrizione uṇhīso-sīso nella forma di una “testa con turbante”, oppure “corona”. Incontriamo infatti dei Bodhisattvas con turbante (JRAS, 1928, Pl. V, fig. 5, fronte p. 840) e con riferimenti primitivi di ornamenti di figure di Buddha con gioielli (Mahāvaṁsa, xxxviii, 62- 64); e infine con un consolidato tipo di “Buddha incoronato”, quello del Buddha come Cakravartin nel senso del Re del Mondo, il significato del quale è stato così ben analizzato da M. Mus (BE’FEO, 1928).
È comunque il tipo di Buddha monastico, per il quale tali insegne della regalità sarebbero inappropriate, che forma la base dell’iconografia.
Allo stesso tempo, che il Bodhisattva, che poteva essere sia un maestro spirituale che un re, rifiutò il potere temporale (offertogli da Mara, come il regno di questo mondo fu offerto da Satana a Cristo) non poteva cambiare il fatto che come Sole degli Uomini e Occhio del Mondo, egli era essenzialmente (come ogni Messia e Avatara) “profeta, sacerdote e re”:
M. Mus ha opportunamente mostrato che il culto del Buddha regale come Cakravartin in questo senso abbinava al personaggio monastico quegli attributi di regalità che erano incoerenti solo in una interpretazione meramente storica del mito...
Dovremo ora analizzare il problema dei turbanti e degli ombrelli prendendo in considerazione le idee che possono essere espresse in questi simboli del potere regale. Prendiamo come punto di partenza...