Il testo riprodotto in questa pagina è un estratto dell'articolo pubblicato nel numero 116 della Rivista di Studi Tradizionali.
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Agli inizi del 1939 René Guénon dedicò un’importante serie di articoli al concetto di realizzazione discendente. In quelle pagine egli delineò una dottrina completa della realizzazione spirituale, fornendo una chiara definizione del processo iniziatico che per così dire si poneva come chiave di volta e compimento di tutta la sua esposizione della metafisica. L’occasione per queste chiarificazioni definitive gli era stata fornita da alcune osservazioni di Ananda K. Coomaraswamy su testi della tradizione indù, da Guénon integrate con i dati rilevanti forniti in proposito dalla tradizione islamica, e ciò ha spinto alcuni critici a ritenere che la dottrina esposta in quel saggio fosse in qualche modo una «novità» suggeritagli dallo studio di Coomaraswamy.
In realtà, come in numerose altre occasioni, quello studio era stato per Guénon un semplice spunto per illustrare con maggiore dettaglio e con l’appoggio di alcune fonti testuali una dottrina che era già interamente implicita nelle sue opere precedenti, in particolare L’uomo e il suo divenire secondo il Vêdânta, Il simbolismo della croce e Gli stati molteplici dell’essere...
La realizzazione discendente, dunque, non implica assolutamente un ritorno sui propri passi, come se si trattasse di un effettivo regresso dell’essere; al contrario, essa rappresenta il compimento «in avanti» del processo iniziatico, col superamento di ogni stato transitorio e l’acquisizione definitiva dell’infinita possibilità universale. Una realizzazione di questo genere, per la sua stessa natura, può verificarsi solo in un ristrettissimo numero di casi, e questo è il motivo per cui essa viene trattata piuttosto di rado e con una certa cautela negli insegnamenti tradizionali.
Tuttavia, essa è nondimeno implicita e necessaria in ogni prospettiva che sia autenticamente metafisica, tanto da poter affermare, come fa ancora una volta Guénon, che «ogni dottrina tradizionale, purché si presenti in forma veramente completa, non può in realtà considerare le cose altrimenti»...