BUDDISMO E SCIENTISMO

Autore: Diego Bornaglio

Il testo riprodotto in questa pagina è un estratto dell'articolo pubblicato nel numero 116 della Rivista di Studi Tradizionali.

Il testo integrale, completo delle note, è disponibile con l'acquisto del numero corrispondente della rivista.

... Questo significa che nel Buddismo, anche se non viene continuamente riaffermato e rielaborato, tutto il nucleo metafisico Vedico, compresa la terminologia di esposizione, è dato necessariamente per scontato e propedeutico. D’altra parte, se così non fosse, data l’universalità di tale nucleo, l’insegnamento del Buddha e la sua conseguente via operativa non avrebbero nessun fondamento reale, e non potrebbero affatto portare all’Illuminazione (Bodhi) .

Infatti, la semplice verità è che, senza metafisica, senza Principio, non ci può essere né realizzazione spirituale, né Nirvana, né Liberazione, né Illuminazione ; e coloro che parlano di questi stati negando la metafisica e il Principio non potrebbero dare prova più evidente della loro incomprensione teorica e di una mancanza di qualificazioni che ne impedirebbe qualunque realizzazione.

Le esortazioni del Buddha: «Interrompi la corrente del fiume con energia, o brahamana, disperdi le brame! Quando avrai compreso la distruzione degli elementi dell’esistenza riconoscerai Ciò che Non è stato Creato» e «Un uomo non è giusto perché si occupa di una questione, ma se è saggio e discrimina fra le due cose: Ciò che è Reale e ciò che è irreale» non avrebbero alcun senso senza una metafisica. Cosa sarebbero mai senza di essa «Ciò che Non è stato Creato» e «Ciò che è Reale»? Per cui la discriminazione buddista fra «Reale e irreale» è esattamente la stessa cosa della discriminazione vedantica fra «illusione e Realtà» e costituisce il prerequisito teorico ad ogni ulteriore operatività...

La credenza nella «reincarnazione», per gli occidentali, è una sorta di falso “dogma” affermatosi nell’800 soprattutto negli ambienti dello spiritismo, poi in quelli del teosofismo e dell’occultismo. Le ragioni della facilità con la quale tale teoria venne affermandosi sono da vedere nella consonanza con le idee di progresso e di giustizia sociale che si stavano affermando in quella stessa epoca, in concomitanza con la diffusione del socialismo e dell’evoluzionismo.

Spinta da una forte componente sentimentale, l’idea della reincarnazione poteva fornire, ma solo apparentemente, qualche ragione per le disparità sociali e per l’insondabile Giustizia divina. Tutto ciò non ha evidentemente nulla a che vedere con le dottrine tradizionali. Da parte degli orientali e in particolare dei buddisti di cui stiamo parlando, quando si incontra una credenza nella reincarnazione, questa è dovuta o all’adesione a qualche frangia eterodossa, o a qualche falsa credenza popolare, o comunque ad una incomprensione dottrinale riguardo la molteplicità degli stati dell’essere, di modo che quella che è la «trasmigrazione» dell’essere in altri stati di esistenza, viene per così dire, appiattita, considerando il solo stato umano ed in particolare la sua modalità corporea.

Come scrive R. Guénon:
«È la dottrina vera della trasmigrazione intesa nel senso che le attribuisce la metafisica pura, a consentire la confutazione assoluta e definitiva dell’idea di reincarnazione; e solo su questo terreno simile confutazione è possibile» ... «nell’esistenza universale, il ritorno ad uno stesso stato è una impossibilità...

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