«QUESTI SCIAURATI, CHE MAI NON FUR VIVI»
Considerazioni sul senso anagogico nella Divina Commedia – Inferno – Canto terzo

Autore: Amedeo Zorzi

Il testo riprodotto in questa pagina è un estratto dell'articolo pubblicato nel numero 111 della Rivista di Studi Tradizionali.

Il testo integrale, completo delle note, è disponibile con l'acquisto del numero corrispondente della rivista.

... Dante varca la «janua inferni» recante la terribile scritta che, con tre affermazioni, ribadisce l’inesorabilità del destino di chi si troverà imprigionato per sempre in quelle regioni infernali: città dolente, etterno dolore, perduta gente, vale a dire la condizione di coloro che, rinnegando il Principio, hanno devastato irrimediabilmente il loro stesso essere e quindi sono per sempre perduti e sottoposti alla Collera divina.

«lasciate ogni speranza»: proprio quella che è una delle «virtù teologali» e anche nella tradizione islamica è considerata fondamentale (sarebbe una grave colpa perdere la speranza nella Misericordia divina), viene là negata: i «dannati» non possono più esercitare delle virtù che li redimano, sono definitivamente «fissati» in una situazione nella quale ripetitivamente subiscono il contrappasso delle azioni compiute in vita. In questo mondo negativo tutto il bene viene tolto:

non vi è più possibilità di risalita verso gli stati superiori dell’essere: «non isperate mai veder lo cielo» – «risonavan per l’aere sanza stelle»; non vi è più un tempo che, come il nostro, sia supporto di avvenimenti diversi; solo una interminabile durata di continuo dolore:

«sempre in quell’aura sanza tempo tinta»; ma soprattutto questi esseri, nella loro perpetua illusione, hanno perduto Dio: «c’hanno perduto il ben dell’intelletto».
Da un punto di vista iniziatico ed esoterico, il percorso delle regioni infernali descritto da Dante è...

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